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Aumento straordinario dei costi di trasporto, a fine anno la svolta?
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3 Agosto 2021
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Seguendo l’andamento in ripresa dell’economia globale, il mercato dei noli dalla primavera 2021 è ripartito con pieno vigore, in particolare quello del trasporto container, dopo un anno molto negativo, caratterizzato tra aprile e giugno 2020 da un calo di circa il 20% delle capacità di trasporto globali a causa dell’impatto della pandemia da Covid-19.
Questa ripartenza è però caratterizzata da uno straordinario aumento dei costi: basti pensare che il prezzo del trasporto di un container standard da 40 piedi tra Shanghai e Genova ha subito un’impennata del 545% su base annua arrivando a costare $ 12.761 a fine luglio 2021, mentre l’indice composito medio misurato dal World Container Index è salito a 8.883 dollari. Solo la rotta tra Shangai e Rotterdam ha subito un incremento maggiore (+640%) tra quelle di riferimento. (fonte: www.drewry.co.uk).
Come è comprensibile, l’aumento vertiginoso dei prezzi dei noli dei container non può essere un aspetto secondario nella struttura dei costi delle imprese, le quali spesso hanno a loro volta venduto le proprie merci basandosi su una stima ragionevole dei costi di trasporto basata sull’andamento storico degli stessi, rivelatasi tragicamente inaffidabile.
Per fare un esempio, a gennaio 2021 un produttore di piastrelle italiano ha dovuto pagare circa 12.000 euro per spedire un container in Estremo Oriente, mentre un anno prima ne avrebbe spesi solo 3.000, dovendosi accollare ben 9.000 euro in più del previsto pur di consegnare.
Naturalmente l’economia dei trasporti attuale non può prescindere dai containers e dal trasporto marittimo, essendo il trasporto terrestre ed ancor più quello aereo relegati ad un ruolo complementare.
Ed il costo dei noli è un “termometro” rapido dello stato dell’economia, tanto che nel 2009, quando le grandi navi portacontainer rimanevano ad oziare nei porti, i prezzi per trasportare dall’Asia all’Italia un container erano scesi sotto i 300 dollari.
Adesso assistiamo al fenomeno opposto, legato all’esplosione della domanda ed alla forte ripresa dei prezzi dei carburanti, con il greggio ai massimi da due anni ed una scarsa disponibilità di containers stessi: come un gatto che si morde la coda, visto che l’unico produttore globale di questo prodotto è la Cina, e la produzione si è fermata per un anno intero a causa dell’assenza di domanda. Ora la domanda di containers è ripartita, ma il prezzo alto delle materie prime spinge in su quello dei container stessi.
Oggi perfino trasportare containers vuoti dalle rimesse in cui sono ammassati ai porti del Far East in cui vengono utilizzati e caricati di merci ha un costo rilevante.
A fare maggiormente le spese di tutto ciò è chi si trova al centro delle diverse filiere, in particolare chi acquista materie prime dall’Oriente, accollandosi il costo di trasporto maggiorato, e vende il prodotto finito in Occidente in base a prezzi contrattualizzati su base pluriennale, o comunque senza poter ribaltare, se non in minima parte, i costi di trasporto sul cliente finale.
La ragionevole speranza è che il sistema logistico globale tenderà nei prossimi mesi a riequilibrarsi e gli analisti non prevedono che ci saranno ulteriori impennate dei prezzi.
È in ogni caso opinione comune che nemmeno la costruzione di navi di nuova generazione, dotate di propulsione ecologica, e di una nuova generazione più efficiente di containers, potrà riportare i costi di nolo ai livelli pre-Covid, se non nel lungo periodo.
Ciò significa che il problema dei trasporti intercontinentali sarà sempre più una tematica da affrontare su basi condivise, per garantire una maggiore stabilità dei costi ed evitare shock economici a catena.
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